E’ tempo di valutazioni di metà anno, i cosiddetti pagellini, e a volte i risultati non sono proprio quelli sperati.
Che vostro figlio frequenti le elementari o le superiori, la vostra reazione contribuisce a fare la differenza, non solo per come lui vivrà questo fallimento, ma anche per come il suo rendimento scolastico potrà cambiare entro la fine dell’anno.
Ovviamente l’insuccesso scolastico può avere mille motivi, e sicuramente non ne ha mai soltanto uno, ma lo scopo di questa riflessione non è tanto analizzare quali siano state le cause del fallimento, quanto piuttosto capire come è più costruttivo reagire, vedendo anche alcuni esempi.
Faremo questo alla luce di una teoria psicologica, che contrariamente a quanto potrebbe sembrare, non è qualcosa di astruso e sterile, ma deriva in parte dal semplice buon senso, e se applicata alla realtà di ogni giorno può aiutarci a capire come agire in momenti difficili. Alcuni aspetti possono sembrare ovvi, altri lo sono meno.
La teoria che può venirci in aiuto in questo frangente è quella dello “stile di attribuzione”.
Si basa fondamentalmente su 4 possibili modi in cui ci spieghiamo tanto i nostri fallimenti quanto i nostri successi.
In primo luogo, lo stile di attribuzione può essere esterno o interno al soggetto. Nel caso di un insuccesso scolastico, ad esempio, possiamo pensare che sia dovuto alla sfortuna, a una qualche antipatia degli insegnanti per nostro figlio, all’eccessiva difficoltà delle domande poste durante le verifiche, e in questi casi avremo uno stile di attribuzione esterno. Se invece diciamo che il pagellino è stato scarso perché nostro figlio non ha studiato abbastanza, era troppo in ansia durante la prova o non è versato nello studio, stiamo usando uno stile di attribuzione interno.
Inoltre, lo stile di attribuzione è anche stabile o instabile rispetto al tempo. Avremo quindi uno stile di attribuzione stabile quando, ad esempio, sosteniamo che l’insuccesso scolastico di nostro figlio sia dovuto a un’eccessiva severità degli insegnanti o ad un suo generale disinteresse per la scuola, fattori relativamente costanti nel tempo; applichiamo invece uno stile di attribuzione instabile se pensiamo che la colpa sia di una malattia che ha costretto a letto lo studente per due settimane poco prima del giro di interrogazioni finale, o della sua scarsa concentrazione durante una verifica, fattori momentanei e limitati a uno specifico frangente.
Quindi, ogni volta che riflettiamo sulle cause di un qualsiasi successo o insuccesso, il nostro stile di attribuzione è necessariamente esterno instabile, o interno instabile, o esterno stabile, oppure interno stabile.
Lo stile di attribuzione più funzionale al successo è quello interno e instabile. Se infatti sentiamo che i nostri risultati dipendono da noi, questo implica più responsabilità e magari più ansia, ma ci mette in grado di avere il controllo degli eventi; d’altro canto, percepire la nostra vita come governata da forze esterne, siano esse altre persone, gli eventi stessi o addirittura la fortuna o il caso, ci toglierebbe ogni motivazione a lottare per ciò a cui teniamo.
Ma perché uno stile di attribuzione instabile è più funzionale al successo di uno stabile? Di nuovo, per aumentare il nostro senso di potere e controllo sugli eventi. Se le cause che hanno portato a un fallimento sono contingenti e momentanee, allora la situazione si può migliorare.
Questo vale anche per il successo stesso, in quanto attribuirlo a fattori su cui potremo sempre contare (come un nostro presunto talento naturale) può portarci a sederci, sottovalutare le sfide future e smettere di impegnarci.
Ma torniamo alla nostra situazione, e vediamo insieme alcuni esempi di frasi funzionali e non funzionali al recupero scolastico di vostro figlio alla luce di quanto detto finora. Questi esempi non hanno la pretesa né di essere esaustivi, né di dettare linee guida valide per qualsiasi situazione, ma serviranno a chiarire meglio il concetto.
Cose da non dire:
Lo sapevo, ogni quadrimestre la stessa storia.
Se un problema è percepito come immodificabile, finirà per diventarlo. Nulla è più demotivante di una conferma dei propri timori.
Gli insegnanti sono cattivi con te.
Anziché consolare, una frase come questa spaventa e toglie a vostro figlio la voglia di impegnarsi, nella convinzione che se i suoi risultati dipendono da altre persone, niente di ciò che può fare servirà a migliorarli.
Se non riesci nemmeno a cavartela a scuola, cosa ne sarà di te quando sarai adulto e dovrai lavorare?
Siete stati studenti anche voi. Ritrovate quegli anni nella vostra memoria, e vi renderete conto che c’è un tempo per ogni cosa e che ogni età ha le sue sfide. In questo momento della sua crescita, per vostro figlio lo studio è altrettanto impegnativo del vostro lavoro per voi.
E’ stata solo sfortuna.
Di nuovo, togliere a vostro figlio la responsabilità del suo fallimento può portare un momentaneo sollievo, ma a prezzo di privarlo del senso di potere sui propri miglioramenti futuri.
Sei un somaro!
Le parole hanno un peso che non va sottovalutato: si può condannare un’azione, ma la persona va lasciata libera da etichette; si può criticare anche duramente ciò che si fa, ma non ciò che si è, a meno che non si voglia minare alla base qualsiasi futuro sviluppo di autostima.
Cose da dire:
Farai meglio la prossima volta.
Ridimensiona il fallimento a qualcosa di momentaneo, e quindi modificabile.
Non ti sei impegnato abbastanza.
Riconduce all’individuo l’origine dell’insuccesso, e quindi anche del successo, sottintendendo che vostro figlio potrà migliorare il suo rendimento attraverso un maggiore impegno, fattore che è tutto nelle sue mani.
Il tuo studio ha la stessa importanza del mio lavoro.
Responsabilizza e dà dignità sia al dovere che alla persona, senza minimizzare gli sforzi che vostro figlio sta facendo e dovrà fare.
Hai sbagliato.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è più edificante assumersi la responsabilità del proprio fallimento, che sentirsi in balia degli eventi. A patto, però, che ad essere condannata sia l’azione, e mai la persona.
So che puoi fare di più.
Credete in vostro figlio, e lui crederà in se stesso (e in voi).