IL CORPO PARLA (E 8 MODI DI DIRE DIMOSTRANO CHE LO SAI GIA’)

“E’ tutta questione di testa!” “Sono solo tue fissazioni, in realtà non hai niente!” “Potresti stare bene se solo non ci pensassi così tanto!”
Sono frasi che feriscono, fanno stare male più di quel mal di testa, di pancia o di schiena che non vuol saperne di passare.
L’idea che un malessere fisico possa avere origine psicologica per molti può suonare offensiva e svalutante, come se equivalesse a un’accusa di “fingere” o “inventarsi” di stare male. Questo pregiudizio è così radicato che perfino il termine scientifico “psicosomatico” è diventato sinonimo di qualcosa che banalizza il malessere, sminuisce il paziente e minimizza il suo sentire.
La realtà è totalmente diversa e notevolmente più complessa, non solo dal punto di vista del paziente, ma anche del professionista della salute psicologica.

Nella nostra cultura siamo abituati a considerare il cervello come unica sede della psiche e la parola come sua unica possibilità di esprimersi. L’idea che una sofferenza emotiva possa manifestare la sua presenza attraverso un sintomo fisico è qualcosa a cui molti di noi faticano a dare un senso.
Ecco allora che le visite dal medico di base si fanno sempre più frequenti, e tutti i possibili esami specialistici seguono di pari passo; le confezioni di medicinali occupano sempre più spazio in casa, e siamo pronti a provare qualsiasi metodo pur di stare meglio; il malessere monopolizza le nostre conversazioni, e nella ricerca di risposte alle nostre domande ci affidiamo sempre di più a Internet e ai social network, dove le informazioni contraddittorie e false date da ogni tipo di persone non qualificate sono di gran lunga più numerose dei veri pareri medici.
Tutto questo ci sottrae tempo, energie mentali e denaro.
A volte nonostante tutto il problema persiste, resiste anche ai farmaci oppure scompare per brevi periodi solo per poi ripresentarsi nella stessa forma o “migrare” in un’altra parte del corpo.
In questi casi, considerare l’ipotesi che il malessere fisico sia un’espressione della psiche è qualcosa che dobbiamo a noi stessi, se vogliamo portarci il rispetto che meritiamo.
Quando abbiamo dentro un dolore emotivo, una tristezza, una delusione, una rabbia, una paura, un’ingiustizia, di cui però non riusciamo a parlare, la nostra psiche ha a disposizione il nostro corpo come mezzo per farci sapere che qualcosa non va, e che c’è bisogno di un cambiamento ben preciso.
Il sintomo fisico, allora, proprio come quello psicologico, non va combattuto ed eliminato come un fastidioso contrattempo, ma accolto e ascoltato come un prezioso messaggio dalle nostre profondità. Solo a quel punto il sintomo avrà svolto la sua funzione, pertanto non ce ne sarà più bisogno e potrà scomparire da solo o essere eliminato efficacemente.Psicosomatica
Qualsiasi condizione medica può avere una componente psicosomatica, anche se alcuni tipi di disturbi si prestano più di altri a fungere da canale di comunicazione per il malessere psichico. Ciò non significa che determinati mali abbiano sempre origine psicologica, nè tantomeno che componenti emotive e fisiche si escludano a vicenda, anzi, si tratta sempre e comunque di un’interazione tra le due facce di una stessa medaglia.

I sintomi, qualunque sia la loro provenienza, sono reali. L’origine psicosomatica di un disturbo non autorizza a minimizzare la sua gravità, a dubitare della sua esistenza nè a ignorarlo: indica semplicemente che la strada per risolverlo passa, almeno per alcuni tratti, fuori dal territorio del medico.

Come chi mi segue sa, la psicologia non è qualcosa di astratto, misterioso e avulso dalla realtà, ma anzi trova spesso corrispondenza nel buon senso comune. Per questo, ho individuato alcuni modi di dire di uso quotidiano che ci aiuteranno a capire in modo immediato che le profonde corrispondenze tra corpo e psiche sono qualcosa che tutti già conosciamo, e che fa già parte del nostro linguaggio abituale, anche se non sempre vi facciamo caso.
Questo piccolo “dizionario” psicosomatico ovviamente non va preso alla lettera, e non è mia intenzione sostituire o sminuire le competenze di un medico. L’obiettivo è solo quello di proporre uno spunto di riflessione affiancando un diverso punto di vista.
– Caricarsi il mondo sulle spalle:
Quante volte nella nostra vita famigliare o professionale ci assumiamo responsabilità non nostre, siamo oggetto di aspettative eccessive da parte degli altri o pretendiamo di risolvere da soli problemi più grandi di noi? Tutti questi “pesi” possono farci soffrire di mal di schiena finchè non troveremo il coraggio di scrollarceli di dosso.

– Mi sta qua!
L’eloquente gesto di colpirsi il petto o la base del collo con la mano disposta di taglio, con cui di solito si accompagna l’esclamazione, fa pensare a un ostacolo che ci impedisce di parlare e dire ciò che davvero pensiamo di una persona che ci è sgradita o di una condizione che non riusciamo ad accettare. Un senso di soffocamento o di costrizione al petto o alla gola, apparentemente immotivato o che si presenta regolarmente quando ci troviamo in una determinata situazione, può avere proprio questo significato. Forse potrà lasciarci quando riusciremo a rivelare i nostri veri sentimenti in una situazione in cui è difficile farlo.

– Non riesco a digerirlo:
In modo simile a quanto detto al punto precedente, una situazione che proprio “non ci va giù”, una delusione che “ci resta sullo stomaco”, una novità che “non riusciamo ad assimilare” o una relazione che ci “intossica” possono giocare un ruolo importante in problemi digestivi, inappetenza, conati di vomito ricorrenti o difficoltà a deglutire. Questi problemi possono anche essere legati a una forte ansia che abbiamo bisogno di affrontare.

– Prendersi il mal di pancia (di fare qualcosa):
Equivale a “darsi il disturbo”, preoccuparsi o incaricarsi di fare qualcosa, solitamente un’incombenza sgradevole, che magari altri eludono. Ma quando “ci diamo troppi mal di pancia”, ricorrenti problemi intestinali possono essere sintomi di un sano bisogno di “espellere” dalla nostra vita ciò che ci procura ansia e fatica eccessive.

– Lo sento a pelle:
La pelle è un organo meraviglioso, abbastanza solido da proteggere efficacemente il corpo dagli innumerevoli agenti esterni potenzialmente aggressivi, ma anche tanto sensibile da permetterci di percepire attraverso il tatto. Può essere ferita e rigenerarsi, ed è il primo e più primitivo mezzo di relazione tra il neonato e la madre. Pertanto dermatiti, psoriasi, irritazioni e altre alterazioni del delicato equilibrio della pelle talvolta ci parlano di una compromissione dell’altrettanto delicato equilibrio tra relazione con l’altro e definizione della propria individualità.

– Mi fa cadere le braccia:
Questa espressione rende benissimo un senso di incredula rassegnazione a una situazione deludente e ripetitiva, in cui chi parla sente che qualsiasi reazione sarebbe inutile.
Se proviamo un ricorrente senso di spossatezza durante il giorno o fin dalla prima serata, non giustificato da particolari sforzi fisici, possiamo provare a chiederci se è la rassegnazione a toglierci le energie. Potremmo perfino scoprire, col tempo ed eventualmente con un aiuto esterno, che il cambiamento non è fuori dalla nostra portata.

– Non dormirci la notte:
Può sembrare scontato che spesso l’insonnia nasca da una preoccupazione, una paura o un pensiero fisso angosciante. Tuttavia, quando capita a noi, a volte siamo più propensi ad assumere sonniferi o psicofarmaci piuttosto che a chiederci qual è la radice del problema, e ad affrontarla con i mezzi che abbiamo a disposizione, incluso eventualmente l’aiuto di uno psicologo.

– Rosicare/rodersi:
Questa colorita metafora, di solito riferita a chi ha subito una sconfitta o desidera qualcosa che non possiede, esprime uno stato di tensione, amarezza e aggressività. Queste stesse emozioni possono essere alla base del bruxismo, una disfunzione che consiste nel digrignare rumorosamente i denti durante il sonno. Generalmente il paziente non si accorge di farlo, ma dal bruxismo possono derivare dissapori di coppia dovuti al disturbo che il rumore arreca al sonno del partner e, alla lunga, problemi odontoiatrici. Si trovano oggi in commercio appositi oggetti da tenere in bocca durante la notte per attutire il digrignamento e proteggere i denti, ma vale comunque la pena di prendere atto del fatto che l’aggressività non è sempre e solo qualcosa di negativo: anzi, è una componente fondamentale dell’assertività, della forza di volontà e della capacità di salvaguardare noi stessi e le cose a cui teniamo.
Abbiamo visto, con l’aiuto di alcuni esempi, che la sfera psicosomatica influisce in modo decisivo su alcune condizioni mediche molto diffuse.
In questi casi, il solo intervento del medico può non essere sufficiente, e può essere utile quello dello psicologo. Aspettiamo con fiducia il momento in cui ci si renderà conto che l’istituzione della figura dello Psicologo di base in affiancamento al Medico di base comporterebbe un notevole miglioramento della salute pubblica, con un forte risparmio sia per il cittadino che per il Sistema sanitario nazionale in termini di denaro, tempo ed energie spesi in visite, accertamenti diagnostici e farmaci inefficaci perchè non pertinenti alla natura di alcuni problemi.