NON CHIAMATELE RAGAZZATE – PARTE II: WHY SO SERIOUS?

Spesso, purtroppo, si verificano fatti di cronaca riconducibili al bullismo, in cui una persona molto giovane si toglie la vita, rimane uccisa o subisce danni gravissimi. Nonostante questo, rimane forte nel nostro senso comune una tendenza a banalizzare e a normalizzare il fenomeno del bullismo.
Paradossalmente, coesistono due tendenze: quella di liquidare gli episodi come “ragazzate” o “normali scherzi tra bambini”, e quindi a non attribuirvi importanza; quella di abusare del concetto di bullismo, parola che (un po’ come “stress”, “isterico/a” e “psicopatico/a”, per fare altri esempi) è stata utilizzata eccessivamente, in modo talmente ampio da finire per perdere significato, diventando così un “termine-pattumiera” da utilizzare come etichetta per i più disparati fenomeni onde evitare lo sforzo o il dolore di pensarli più a fondo.
Troviamo quindi la pazienza di fare un passo indietro e fare un po’ di chiarezza sul bullismo: non è un vuoto esercizio teorico né un vezzo intellettuale, ma una riflessione che potrebbe aiutarci a dare un senso a ciò che ci sta accadendo o ci è accaduto in passato, oltre a renderci in grado di aiutare nel modo migliore i nostri figli o qualcun altro a cui teniamo.

Continua la mia serie di 4 articoli dedicati al bullismo, e questa volta vedremo caratteristiche che lo rendono un problema così serio; successivamente discuteremo le conseguenze che può avere a breve, medio e lungo termine, infine vedremo alcuni modi per fermarlo e affrontarlo

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Il bullismo ha tre caratteristiche fondamentali:
Riguarda l’infanzia e l’adolescenza: questo non significa che tra adulti e sul lavoro non ci siano derisioni, aggressioni fisiche, umiliazioni e dinamiche di esclusione dal gruppo, ma in questo caso non si tratta di bullismo bensì di mobbing. Questa differenza diventa molto più importante di un semplice gioco terminologico, dal momento in cui il mobbing è punito a livello penale secondo norme di legge specifiche. Se un adulto è vittima da parte di adulti delle dinamiche comunemente associate al bullismo, quindi, non dovrebbe vergognarsi come se stesse vivendo un’esperienza “infantile” o “immatura”, ma dovrebbe anzi sapere di avere a disposizione una specifica tutela da parte della giustizia.
E’ reiterato: si definisce bullismo una situazione continuativa, ricorrente. Si possono verificare casi isolati di aggressione fisica, di derisione, di umiliazioni, ma se l’episodio si trasforma in una dinamica abituale, è sbagliato ignorare la cosa in attesa che i fatti non si ripetano più o che la situazione si risolva da sola. Molto spesso, se nessuno fa nulla per fermarlo, il bullismo si protrae per anni, fino a che non interviene un cambiamento esterno come la fine di un ciclo scolastico a spezzarne la dinamica

Avviene in uno specifico contesto: Solitamente il bullismo si verifica a scuola, ma anche un centro sportivo, un piccolo paesino o un quartiere possono fornire al bullismo la cornice adatta a svilupparsi. In ogni caso, il bullismo avviene tra persone che si conoscono, in un ambiente per tutte loro importante. Un’aggressione tra ragazzi che non si conoscono, avvenuta per strada in un luogo casuale, può essere una rapina, una rissa, un pestaggio a sfondo omofobo o razzista, ma non un episodio di bullismo. Questo implica che essere vittima di bullismo non significa essere deboli per natura: “lo sfigato” non è la persona vittima di bullismo, è solo un ruolo, un personaggio che gli o le viene appiccicato addosso in una determinata contingenza, ma di cui è sempre possibile liberarsi, spesso aiutati da un cambiamento di vita come il passaggio dalle scuole medie alle superiori o il trasloco in un’altra città. Se siete adulti, comunque, vi stupireste se sapeste quali tra le vostre conoscenze sono stati insospettabili vittime di bullismo: sono diventati sicuri di sé, piacciono a tutti, hanno una vita sociale invidiabile o sul lavoro sono a capo di molte persone. Questo però non deve certo indurre a sottovalutare il peso, per certi versi incancellabile, che il bullismo ha sullo sviluppo psicologico di chi lo vive.
E’ questione di gruppo, non di persone: i tre punti esaminati ci conducono tutti a questo, assolutamente il più importante. Finora ci siamo focalizzati sul punto di vista della vittima; ovviamente il bullismo presuppone un perpretratore, il cosiddetto “bullo”; ma né vittima né bullo sarebbero tali senza il gruppo. Il bullo non si comporterebbe così se non avesse il sostegno e l’ammirazione di una parte del gruppo, il silenzio connivente di molti altri (tra cui spesso gli adulti) e l’insufficiente opposizione di uno o pochi amici della vittima. La dinamica dell’esclusione sistematica e della stigmatizzazione sociale tipica del bullismo è perpetrata dal gruppo più che dal suo leader di per sé. Il bullo è solo una persona che, sostenuta dalle contingenze e da una personalità più incline alla leadership o all’aggressività (caratteristiche di per sé neutrali, né buone né cattive) si fa portavoce di una tendenza distruttiva, espulsiva e prevaricatrice propria del gruppo e di ciascuno dei suoi membri, i quali la proiettano sul bullo ricevendo in cambio un riflesso della sua illusoria dimostrazione di forza e sicurezza. Né la vittima né il bullo hanno il potere, da soli, di spezzare questa dinamica, perchè la “lotta” non è ad armi pari, perché entrambi sono mossi da fili invisibili che li legano a tutto il resto della classe, della squadra o della leva. Quasi qualunque ragazzino, se chiamato con un nomignolo dispregiativo da un compagno, riesce perfettamente a reagire e a far sì che questa persona smetta di insultarlo; l’incubo del bullismo inizia quando uno, due, quattro vicini di banco ridono della trovata, la ripetono, e giorno dopo giorno l’umiliazione aderisce sulla vittima come un brutto vestito fino a sostituirsi al suo nome, fino a diventare magari una semplice abitudine.

Questa, in estrema sintesi, è la natura del bullismo. La sua comprensione ci apre la via verso la possibilità di pensare a come combatterlo e a come affrontare le sue conseguenze, da quando accade fino agli anni e decenni seguenti: questi saranno i temi dei prossimi due articoli.

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